Testimonianze

Hanno detto di lui

Carlo Galetti non ha avuto grandi estimatori, quando correva. Solo Emilio Colombo, peraltro un grande del giornalismo sportivo (ma allora solo un giovane cronista), ne valutò le doti agonistiche, mentre l’allora direttore de La Gazzetta dello Sport, Eugenio Camillo Costamagna, non ne aveva grande considerazione. Per anni lo considerò un “succhiaruote”, bravo a lasciar lavorare gli altri. Così non era Carlo Galetti che accettò solo la nomea di calcolatore, di regolarista. Costamagna non risparmiò le critiche, scrivendone in questi termini: “Doti di cammello, furberia di faina, nessuno scatto da grande corridore, nessun slancio folle, irrompente, selvaggio. Una figura grigia, monotona, tic-tac, senza soste, utilissima come un perfetto orologio di marca ginevrina”.

1911 - Carlo Galetti ed Emilio Colombo, il giornalista autore del libro “La vita sportiva di Carlo Galetti”.
1911 - Carlo Galetti ed Emilio Colombo, il giornalista autore del libro “La vita sportiva di Carlo Galetti”.
1911 - Copertina del libro “La vita sportiva di Carlo Galetti”.
1911 - Copertina del libro “La vita sportiva di Carlo Galetti”.

Galetti scrisse più volte a Costamagna lamentando i suoi giudizi fuori luogo e ci fu un duro scambio di parole quando Costamagna affermò che Milano non aveva dato al ciclismo grandi campioni. Galetti gli ribatté che era un campione di Milano e l’altro, sprezzante, replicò che era un campione di periferia, essendo di Corsico. Ulteriore replica del corridore: parla lui che nemmeno è lombardo, ma piemontese di Mondovì.

Lo stesso Costamagna dovette ricredersi, al termine del Giro del 1912, disputato a squadre e vinto dall’Atala, guidata da Carlo Galetti. Allora scrisse “Non fummo noi soltanto a fare, nel passato, più di una riserva sul valore del piccolo milanese”.

Alla fine della carriera, dopo la sua seconda vittoria alla Milano-Bologna-Roma, nel 1918, quand’era già dato per “vecchio”, l’applauso è corale. La Gazzetta, sotto il titolo “Il campione senza pari”, ricorda come egli abbia saputo bissare dodici anni dopo, la clamorosa affermazione del 1906 “una tempra che noi abbiamo sempre apprezzato e segnalato altamente, senza che il pubblico, il grande pubblico, gli decretasse i favori di cui un fanatismo monoteistico circondò turno a turno grandi nomi caduchi”.

La polemica sul valore di Carlo Galetti l’alimentò anche il figlio Giancarlo, che inviò negli anni Ottanta una lettera a Rino Negri, caposervizio ciclismo de La Gazzetta dello Sport, reo di aver dimenticato di segnalare suo padre tra i grandi di tutti i tempi. La risposta, inadeguata, fu che Galetti non aveva mai vinto la Sanremo, né il Lombardia, criteri utili per essere inserito fra i “grandi”, all’epoca.

Nel ricordo di Galetti

Il nome di Carlo Galetti continua ad essere ricordato, nella sua Corsico, grazie ad un ponte ciclopedonale a lui intitolato di cui si è fatto promotore Adelelmo Portioli, appassionato di ciclismo e collezionista di ogni genere di cimelio che ricordi i corridori del passato, grandi campioni o umili gregari poco importa. L’iniziativa è del 2006 quando Portioli, durante la sagra di Corsico che ha luogo in settembre, allestisce una mostra di cartoline sportive e aggiunge, a parte, un settore dedicato a Carlo Galetti con un cartello che propone di dedicare una via o una piazza a chi si è distinto nello sport. Accanto, un foglio per raccogliere le firme. Portioli riscontra ben 216 firme e le porta in Comune, ai gruppi consiliari e al sindaco. La risposta di quest’ultimo è incoraggiante: “Non ci sono vie o piazze prive di nome a cui dare quello del Galetti. Però si può pensare al ponte ciclopedonale, denominandolo Ponte Carlo Galetti nel nuovo parco in riva al Naviglio”. E così è stato.

Un marchio di bici

Nel 1920 apre i battenti a Milano una piccola fabbrica che produce biciclette “Carlo Galetti”. Come usava allora modelli da passeggio (da uomo e da donna), da corsa ma anche un piccolo ciclomotore. Il marchio che accosta il nome del corridore nasce con l’approvazione del campione che ne ricava certamente qualche utilità. La fabbrica non sopravvive agli anni della seconda guerra mondiale e nel 1952 viene rilevato dalla famiglia Alessi di Rossano Veneto, che aumenta la gamma dei prodotti., in particolare con la bici da camera pieghevole che ha un grande successo, tanto da meritare nel 1973 la medaglia d’oro per “il modello più elegante”. All’inizio del nuovo secolo il marchio passa alla famiglia Zen, proprietaria della società Cicli Galetti srl che nel 2012 ha lanciato un nuovo progetto, denominato SAG, Solo Acciaio Galetti, con componenti di altissima qualità.
Oggi le biciclette Galetti sono prodotte e vendute direttamente a Cittadella di Padova, con il nome del corridore integrato da un galletto nero con la cresta rosso fuoco.