Galletti lo conoscevo bene: sono stato un suo corridore

di Carlo De Angeli

Quando lo incontro è il presidente onorario della Spallanzani, il figlio è direttore sportivo. Ma il Carloeu de Corsic, come lo chiamano, è anche un imprenditore di un certo carattere. A parte la carriera ciclistica apre una tipografia a Milano, che è il suo mestiere da ragazzo. Poi una cartoleria. Poi ancora altre attività come la fabbrichetta al 22 di via Foppa, dove produce tubolari per biciclette. C’è anche chi, con il suo nome, mette in commercio bici da passeggio, da uomo e da donna, e credo proprio che anche lì lui abbia il suo bel tornaconto. Ogni tanto ci vediamo alle corse, e uno di quei giorni mi ferma e mi guarda in faccia: “Ma tu non lavori?” “Aiuto mio papà a portare le casse dell’acqua, ma ha già un operaio”.

Di fatto dopo la scuola ho preso a lavorare con il papà, ma Galletti – per me sempre due elle – mi arruola come dipendente della sua fabbrica, mentre la domenica mi segue in gara. Lavorando da lui imparo come si fanno i palmer per le biciclette, e tanto che imparo faccio quelli per la mia di bici. E siccome non si smette mai di imparare, cambio i palmer almeno una volta al mese, forse anche due.

E non è finita. Alla pausa pranzo arriva dalla mensa un piattone di pastasciutta solo per me, mentre gli altri operai mangiano quello che è previsto. Loro il sabato lavorano mentre io no. E quando corro dalle parti di Varese mi dà le chiavi della sua casa a Valbrona, vicino a Como, una bella villa che ci sarà ancora adesso. Arrivo là in bicicletta il giorno prima della gara, mangio, dormo, e la mattina seguente corro. El Galett el gha un coer inscì, mi vuole un bene dell’anima. Oltre a tutto questo dà anche buone dritte. Dice che un ciclista deve far andare le gambe, ma le gambe, quelle bisogna farle andare con la testa.

E lui, con le gambe e con la testa, vince le corse  e anche una sfida che gli lancia il Gerbi. Quello là è detto il Diavolo rosso, e allora vuol dire che un santo non può essere. È anche un bel dritto, e pur di vincere fa cose come abbassare la barriera di un passaggio a livello, lui davanti e tutti gli altri ciclisti fermi ad aspettare il treno che non arriva perché non c’è. Per questi motivi, la questione della sfida gli dà dei pensieri. “Gerbi vuole fare una corsa di 290 chilometri che ricalca il Giro di Lombardia, solo lui e io, scommettiamo 10mila lire”. Poi si lascia andare: “uè, ma con 10 mila lire si compra una casa, e non so se lo batto”. Alla fine, la moglie lo fa ragionare e la scommessa si fissa a lire mille. Il Galletti non se la fa sfuggire, vince a mani basse.

Meglio di così si muore. È un lunedì e siamo nel cortile della sua fabbrica che chiacchieriamo. Il giorno prima ho corso e vinto ancora. Intanto che si parla della mia vittoria viene avanti il Pavesi. Anche lui ha fatto le sue, perché era nell’Atala vincitrice del Giro del 1912, e ha fatto secondo nei Giro del 1910 e del 1913. Adesso è direttore tecnico della Legnano e anche con un certo fiuto, perché porta in squadra il Binda, e poi il Guerra, e poi il Bartali e poi il Coppi, che comincia il Giro d’Italia del 1940 come gregario proprio del Bartali e lo finisce in trionfo. Sta di fatto che attaccato alla fabbrica del Galletti c’è quella dei cinturini Bianchi, del Bianchi Ugo, telaista e meccanico della Legnano. Pavesi ogni tanto va a fargli visita, dopodiché passa a trovarci.

Ed eccolo che arriva, con addosso la sua berretta, la sua bella pipa in bocca, e suoi pantaloni rigonfi al ginocchio. Siccome è alto mica poco, in tutto fa una certa presenza. Come si avvicina, il Galletti lo benedice. “Uè maccaron: questo qui” – che sarei io – “ha vinto anche ieri”. “Guarda che lo so: per essere bravo, è bravo. Però di statura è un po’ piccolino”. A lui piacciono i gregari grandi e grossi, lo sanno tutti. Solo che dire così al Galletti è come dargli una coltellata: “canelun d’un canelun, te sarai anche alto, ma quante volte sei arrivato davanti a me? Eh?” Il Carlo Galletti gli dice così, parola per parola, con quella faccia lì, a tanto così, che me lo ricorderò per tutta la vita.

Le “classiche” per gli Allievi sono la Milano-Cappelletta e la Milano–Marcolina. La prima in provincia di Como, la seconda di Varese. Tutte e due sono a inizio stagione, e per tutte e due si usa il pignone fisso, perché gli Allievi a marzo e aprile corrono così. Il bello del pignone fisso è che fa venire addosso una certa agilità che te la porti dietro tutto l’anno. Per esempio, alla Milano–Cappelletta uso un 19-48. Partenza da Dergano che saremo in 300. Presente, con la sua macchina, il Galletti. Un’altra delle dritte è la seguente: “stai davanti e tira poco”. Certo. Però se tutti stanno davanti chi è che sta dietro? Comunque si parte. La corsa è di 70 chilometri in pianura e cinque forse sei di salita. Quelli che hanno qualche dente in meno, nel senso del pignone, prendono subito un po’ di vantaggio. Dopodiché, come la strada comincia ad andar su, recupero. Poi faccio come dice lui, per tutta la salita resto davanti, fino al momento che riesco ad andar via e vinco bello come il sole. Come taglio il traguardo mi raggiunge: congratulazioni e felicitazioni. Poi prende il mio trofeo, prende i miei fiori, prende le mie tremila lire della vittoria, butta tutto in macchina e riparte. Giusto prima di salutare mi allunga qualche spicciolo. “Mentre pedali verso casa fermati a bere una gazzosa”. Insomma, mi lascia lì, a tornare da Como a Baggio in bicicletta.

Sicché il giorno dopo mi faccio sentire. Non per i fiori, che poi ha dato alla sua donna. Non per i soldi, che poi me li ha ridati. E nemmeno per il premio, anche se non so che fine ha fatto. È che sarei tornato volentieri in macchina con lui, sulla Balilla. Ma come glielo faccio presente quasi mi mangia. “Uè, ste voeret, cosa pretendi, abbiamo provato io, il Pavesi e il Rossignoli ad andare fino a Roma in bicicletta per correre la Roma-Napoli-Roma, e in bici siamo anche tornati a casa”, passo e chiudo. Comunque prima di arrivare a casa mi fermo dal Monti. Sta tirando la lima, tanto per cambiare. “Sciùr Carlo, ho vinto”. Lui si volta, mi guarda e mi squadra che oramai lo so, dopodiché prende la bici e la mette in vetrina. E tutti sanno che il ciclista che ha vinto sono io.

Rischio di vincere anche la Milano–Marcolina, della domenica dopo. Però succede che mentre sono lì a fare la volata mi salta via la forcella, proprio mi si spacca, e finisco contro la gente che è lì a vedere la corsa. Comunque, anche la Marcolina la faccio con il 19-48. Per le corse in pianura metto il 17, oppure il 16. Il pignone fisso torna utile anche per la posizione in bicicletta, che servirebbe ancora oggi.

Il Galletti muore appena qualche anno dopo, nel 1949, e mi dispiace tantissimo. Può anche essere che le bici con il suo nome siano in giro ancora oggi. Cicli Galetti con una L, come riportato in Galetti, un portento, libro scritto da alcuni appassionati di Gaggiano. Ha una L sola anche il ponte ciclo pedonale che gli viene dedicato sul Naviglio Grande, all’altezza di Corsico. Ma poi nel libro, quando si parla del figlio del Giancarlo, Carlo anche lui, si scrive Galletti, con due elle, come faccio io da sempre.

Dal volume “Un bassott in bicicletta” di Carlo De Angeli. A cura di Alessandro Avalli

NEWS

Il Primo Giro d’Italia

La prima edizione del Giro d’Italia prese il via da piazzale Loreto a Milano, alle 2:53 del mattino, il 13 maggio 1909.
Il percorso inaugurale della Corsa Rosa si sviluppò attraverso 8 tappe, lunghissime ed estenuanti: Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova, Torino e Milano, per un totale di 2.447,9 chilometri.
Data la lunghezza delle frazioni, tra l’una e l’altra i ciclisti riposavano uno o due giorni. La prima tappa Milano-Bologna era di ben 397 chilometri, mentre l’ultima, Torino-Milano fu la più corta, da 206 chilometri.
Parteciparono 127 ciclisti, tra italiani e francesi, ma solamente 49 portarono a termine la corsa, il 30 maggio.
A tagliare per primo il traguardo fu Dario Beni (della Bianchi) ma a vincere il Giro d’Italia fu Luigi Ganna (dell’Atala), in foto, un ex-muratore venticinquenne di Induno Olona, dotato di un fisico possente, che trionfò grazie ai 25 punti ottenuti in classifica generale, che veniva stilata sulla base dei piazzamenti ottenuti nelle singole tappe.
Il montepremi effettivo fu di 18.900 lire, di cui 5.325 andarono al vincitore.

Se invece la classifica fosse stata compilata in base al tempo complessivo di percorrenza avrebbe stravinto Carlo Galetti (della Rudge Whitworth) o Giovanni Rossignoli (della Bianchi) ?
Giovanni Rossignoli con 23’ 34” su Galetti e 36’ 54” su Ganna.

Sulle tracce di Carlo Galetti

Carlo Galetti

Della carriera di Carlo Galetti, straordinario interprete del ciclismo eroico, capace negli anni Dieci del Novecento di vincere ben tre Giri d’Italia, tutto è noto e ben documentato in questo sito, a lui dedicato, ma alcuni vuoti presentava la sua vita privata e professionale, le sue scelte al di fuori della bicicletta, senza dimenticare il suo percorso da imprenditore, dapprima tipografo poi titolare a Milano di una cartoleria annessa alla tipografia e ancora, nei primi anni Trenta, proprietario di un garage e gestore di auto pubbliche, anche in quel caso pioniere.

La famiglia Galetti a Varazze nel 1925

Ben poco si sapeva dell’indole, delle passioni e solo dai parenti di terza generazione, che ne perpetuano la memoria, sono venute alcune informazioni sul Galetti privato e su alcune sue scelte di vita. Un buon esempio? La sua affezione per la Liguria, terreno di allenamento e di corse importanti (le Milano-Sanremo frequentate anche in tarda età, senza mai sfigurare), con un’iniziale predilezione per Varazze, frequentata ai Bagni Margherita.

I fratelli Galetti a Spotorno nel 1939

Poi la svolta: nel 1939 Galetti comperò una bella casa in via Aurelia a Spotorno, in pieno centro, dove svernò anche durante la seconda guerra mondiale con buona parte della famiglia. Non a caso figli, nipoti e pronipoti hanno Spotorno nel cuore. E vi sostano ancora.

I coniugi Galetti a Spotorno

In questo viaggio alla scoperta del Galetti privato ci accompagna Alessandro Amicabile, pronipote del campione che ha avuto la fortuna di saperne parecchio grazie a sua nonna, Adriana, che del padre aveva ben presenti le vicende, e amava raccontarlo: “Spesso mi fermavo a dormire da loro e la nonna, oltre a raccontarmi le favole, mi parlava del bisnonno che non ho conosciuto. E’ mancato nel 1949, io sono nato nel 1975. Raccontava suo padre con comprensibile orgoglio, ne magnificava le doti come corridore ma soprattutto come uomo, venuto dal nulla e costruitosi grazie alla tenacia, alla strenua volontà. Un uomo molto religioso, a suo dire un vero patriota. In realtà nazionalista e ben felice di esserlo. Carlo Galetti era un uomo severo ma di una sola parola. Per la nonna era un luminoso esempio”.

Alessandro Amicabile

Le vicende di Galetti e famiglia si intersecano con Spotorno a distanza di ottant’anni grazie a un antico dancing, il Premuda, che sicuramente il campione aveva frequentato. Il Premuda è poi divenuto un albergo che Alessandro Amicabile ha rilevato negli ultimi due anni fa. Una scelta di oculato investimento che ci permettiamo di legare anche al suo affetto per il bisnonno, che campeggia in alcune foto nella hall. Idealmente Carlo Galetti accoglie i clienti, e molti chiedono chi sia, ovviamente ignari dei ciclisti del tempo che fu.

L’albergo Premuda oggi

Libri di ciclismo disponibili a Gaggiano

E’ possibile consultare la dotazione del Fondo Amici del Galetti previo contatto con il socio Villa Raffaele al numero 3474634939 (orario ufficio).

Il Club Amici del Galetti promuove un’interessante iniziativa a favore di chi ama consultare/leggere libri e dispense di ciclismo. Grazie alla collaborazione con Il Rachinaldo, benemerita associazione culturale di Gaggiano, nella sede di piazza Daccò, è possibile consultare i volumi in dote al Fondo Amici del Galetti, previo contatto con il socio Villa Raffaele al numero 3474634939 (orario ufficio).

Il Fondo librario in poche settimane ha visto crescere la dotazione di libri in funzione dei generosi contributi di appassionati che hanno donato libri o li hanno concessi in consultazione e in prestito.

A proposito del prestito a domicilio, concesso ai soli soci del Rachinaldo,  c’è la possibilità di usufruirne previa adesione al Club Amici del Galetti che prevede due soci presentatori a garanzia del nuovo entrato e il pagamento della quota annua di adesione.

 

Per ulteriori informazioni info.rachinaldo@gmail.com